Com'è fatto un copione teatrale? #2


Un copione teatrale è letteratura. Voglio cominciare con questa affermazione, appresa in anni di esperienze di messe in scena e di letture. Vorrei oggi poter manifestare una preparazione più ampia a riguardo, aver studiato ben di più di quell'esame di Storia dello spettacolo all'università, ma nel tempo, e da quando ho scoperto questa magnifica macchina che è il teatro, ho rimediato leggendo e sperimentando, il che ritengo non sia poco. Essere dotti a riguardo resta ben altro, comunque. 
Facciamo un confronto fra un copione classico, prendendo spunto da Shakespeare, e uno moderno, citando Eduardo De Filippo. Quali aspetti compaiono nel primo e quali nel secondo? Ossia, come scriveva un drammaturgo fra Cinquecento e Seicento? E nel Novecento?
Le pubblicazioni di copioni illustri nei secoli XVI e XVII presentavano un frontespizio "importante", con un sottotitolo altisonante che serviva a dare risalto all'opera. 
Nella prima edizione di A midsummer night's dream, per esempio, il frontespizio è un piccolo capolavoro, con tanto di sottotitolo che fa riferimento alla fedeltà del testo rispetto alla messa in scena dei servitori del Lord Ciambellano, la società di attori costituita nel 1594 di cui Shakespeare comperò una quota in quegli anni. 
Romeo e Giulietta riportava altresì un sottotitolo all'opera: The most excellent and lamentable tragedy o Romeo and Juliet. Dettagli che sui copioni moderni non esistono, e che mettono in risalto il valore letterario delle drammaturgie.
Sfogliando una buona traduzione di quest'ultima opera, troviamo l'elenco dei personaggi e una loro breve descrizione. In testa alla pagina il titolo "dramatis personae", locuzione latina che significa "personaggi del dramma", usata per le drammaturgie fino a tutto il Seicento e poi raramente in epoca moderna (per es. D'Annunzio). Tirso de Molina, nel Seicento, preferirà il termine "persone della commedia", mentre "personaggio" comparirà solo più tardi, mutuato dal francese. 
Segue un prologo, come era uso all'epoca, che origina dagli antichi prologhi corali greci, parti introduttive a scene di certa importanza o anche veri explicit del dramma. 
Cominciano gli atti. Rappresentano l'unità di tempo e di luogo. Nel teatro classico ve ne sono fino a cinque. Col tempo, la drammaturgia ha ridotto i tempi scenici ed è passata a tre atti (il melodramma, esploso nell'Ottocento, preferì fin da subito i tre atti). Oggi non è difficile trovare opere in atti unici. Io stessa scrivo drammaturgie in atti unici, senza interruzione fra un primo e un secondo tempo e pertanto senza chiusure di sipario a metà narrazione. La tempistica è agevole, lo spettacolo non supera l'ora e mezza di rappresentazione. Anni fa assistetti a un Romeo e Giulietta di tre ore e mezza, e per quanto scenografie e interpreti fossero all'altezza dell'impresa, trovai che fosse esageratamente lunga. 
esiste un teatro in atto unico significa che un racconto scenico può essere esaurito in meno di due ore e mi pare doveroso nei riguardi di un pubblico che investe in una messa in scena. 
All'interno di ciascun atto troviamo un certo numero di scene. La suddivisione in scene non solo è coerente con la scelta di dividere in segmenti un atto ma è oggettivamente funzionale alla regia. I miei copioni sono suddivisi in scene con particolare riguardo alle prove, per dirne una. Assegno ai miei interpreti un certo numero di scene a memoria dopo averne fissato i punti. E' come studiare su un libro diviso in paragrafi, aiuta a mettere a fuoco il tutto. 
Se nei secoli passati il copione teatrale non conteneva indicazioni di regia, limitandosi al riferimento ai luoghi e tutt'al più all'ora del giorno, il copione moderno prende un'altra direzione. 
Prendiamo Questi fantasmi di Eduardo De Filippo (ma tutta la sua drammaturgia è costruita così). 
Eduardo immagina nei dettagli la camera in cui si svolge l'azione, la descrive minuziosamente, dà corpo alla storia preparando non solo lo spettatore, ma perfino il lettore delle sue opere. 
Sì, l'impressione è che Eduardo abbia destinato tutto il suo repertorio anche alla lettura, e se non avete mai letto una sua drammaturgia vi consiglio di farlo, perché è un'esperienza di immersione totale. 
Non possono esserci equivoci nella messa in scena di un'opera di Eduardo, perché si è portati dentro la scena, con una suddivisione dell'opera tutta in segmenti precisi, chirurgici. Predilige i tre atti, le sue narrazioni sono complesse, meritano qualche approfondimento in apposito post. 
Il testo è disseminato di didascalie, tipico aspetto della sua drammaturgia. Perché emergano dal testo, sono scritte in corsivo. Appaiono fra parentesi come note di regia o a parte come introduzioni. Quelle all'interno del testo fanno riferimento allo stato d'animo del personaggio, sollecitano un particolare gesto, ecc. 
Il prossimo, e ultimo, post riguardante il copione teatrale entrerà all'interno della scrittura di alcuni drammaturghi, per meglio evidenziare la differenza fra narrativa e drammaturgia. 

 

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