Schifanoia è un personaggio che nasce per caso, come un'entità in cerca di qualcuno che lo racconti. Il drammaturgo lo trova fra le pieghe di un racconto che prende forma originato da svariate suggestioni, e lo colloca al centro della scena, confuso fra guitti in cerca d'autore. Questo il personaggio che sto portando in scena in questi mesi.
Chi è Schifanoia? Un personaggio ambiguo, non collocabile nel suo genere, donna en travesti o uomo di fatto? Non si sa e non occorre saperlo. Parrebbe il domatore di un vecchio circo, talora è l'impresario, poi diventa come i suoi Guitti, guitto pure lui, maschera senza soggetto, smarrito e timoroso di un oblio in cui nessun attore vorrebbe precipitare. Schifanoia è il deus ex machina, la sua ombra si proietta sul Fool che arranca nel suo cappotto consunto.
Il mio approccio col teatro shakespeareano è di quelli apparentemente giocosi, in realtà un percorso di costruzione dinanzi all'angoscia derivante dalla pagina bianca. La crisi di creatività - o come dirà Schifanoia "l'indisposizione creativa" - diventa la luce che guida, il ritrovamento di un'ispirazione, questa volta di carattere drammaturgico. Il protagonista, uno scrittore in crisi, non può che trovare nella scrittura teatrale la sua ragione d'essere, ma il teatro è ben lungi dall'assomigliare a qualsiasi altro racconto. C'è da scoprirne i meccanismi, i perchè, gli obiettivi. Da solo, lo scrittore non può procedere, poichè i Guitti non possono dargli soluzioni. Le ragioni della scrittura devono essere cercate all'interno di se stessi e questa interiorità inconsapevole deve essere guidata da un ulteriore personaggio, insignificante eppure possente... un clochard rifugiatosi nel vecchio teatro in disuso. Non ha famiglia né casa né patria, non emana un buon odore e ha il vizio del bere, e ama la parola. Talmente da esibirsi in un suo personalissimo monologo in cui racconta la dignità e libertà di un senzatetto. E' soltanto dopo che comprendiamo trattarsi del Fool shakespeareano. Il detentore della Verità ultima sulle cose, il servo, il reietto, l'ultimo degli ultimi, secondo quel paradosso che tanto affascina lo spettatore. Le maschere senza soggetto, fra le quali Schifanoia si confonde, non possono che farsi eco dei princìpi sciorinati dal Fool. Sono a servizio di una parola che chiede di essere espressa, di vite che bramano essere narrate, e rifuggono dal rischio dell'essere ignorate, poichè esserlo significa non esistere.
Schifanoia: Noi siamo attori. Abbiamo rinunciato alla nostra identità in cambio della convenzione del nostro mestiere: che qualcuno ci stia a guardare.
Questo mio atto unico, che in tre spettacoli ha già suscitato certo interesse ed entusiasmo, vuole essere un omaggio alla straordinaria forza del palcoscenico, quando questo è realmente luogo del racconto rigoroso e rispettoso dell'arte teatrale. Mi sono regalata un piccolo gioiello al compimento dei 10 anni di un percorso che ho compiuto e sto compiendo con abnegazione e sacrificio, certa che una passione possa trovare le sue ragioni solo nel non-facile e nel tentativo mai tradito di offrire al pubblico la possibilità di una riflessione.