La mia riscrittura de L'attimo fuggente - Produzione 2016-17



Era da un po' che lavoravo a una mia personale visione del celeberrimo L'attimo fuggente, film del 1989 diretto da Peter Weir.
Questa volta non mi sono attribuita alcun ruolo al di fuori di quello di regista e anche questo aspetto ne segna in qualche modo un approdo nuovo e diverso. Occuparsi esclusivamente della regia di un progetto è un'esperienza esaltante, pur ammettendo che il palcoscenico mi manca. Ma è poi legittimo pensare che mi manchi? In fondo no, perché dirigere è come recitare a più livelli, è scrivere ogni passo, movimento, espressione del volto, è essenzialmente esserci nel senso più ampio del termine. 
Il mio Foglie d'erba, il cui titolo ho tratto dalla nota raccolta di versi di quel Walt Whitman che diventa il poeta-vate del racconto, è una storia sul potere dell'educazione scolastica, sul dialogo spezzato fra generazioni che cercano di ritrovarsi, di ricomporsi alla luce di un incontro.
In sintesi: al centro un ragazzo, Eddy, che bighellona fuori da scuola, che ha deciso di fare sega per l'ennesima volta e se ne va a imbrattare muri con la bomboletta spray e a dormire. Il suo prof di Letteratura lo vede e lo sveglia dal suo torpore, dapprima imponendogli il confronto, poi instaurando un vero dialogo sulle cose ancora da salvare, quelle in cui credere, perché "non c'è tempo da perdere"nella vita, perché quel principio oraziano del carpe diem è ancora valido, e c'è stato un film una volta che lo ha raccontato bene. Guarda caso, è proprio il film che quella mattina il prof farà vedere alla classe, ma come si fa a mostrarlo a Eddy, se lui non vuole entrare a scuola quel mattino? 
Il professor Keating (Claudio Chiesa)
Non resta che raccontarglielo, ma modificando un po' la storia, volgendolo al femminile, perché altrimenti Eddy si annoia ad ascoltare un film che parla di ragazzi degli anni Cinquanta. Il prof mette in atto un racconto che si svolge sulla quasi totalità del palcoscenico, ambientato in un collegio femminile, con una severa e inflessibile preside e un Keating che viene a scombinarle quel mondo intessuto fra le maglie di regole vischiose che lentamente lui aggirerà proponendo un suo modello educativo, quello che smuove le coscienze, che induce a riflettere, a imparare un senso critico. 
Il soggetto del film resta invariato, il problema era quello di portare in palcoscenico una storia che si svolge fra aula, stanze dei ragazzi, esterni, il bosco, case private, addirittura un teatro. Racchiudere il tutto in pochi metri quadri e non banalizzare, non cadere nella retorica di una storia che è stata raccontata mille volte anche sui palcoscenici, che tutti abbiamo visto e che confrontiamo con l'originale. Questo il lavoro registico. 
Non amo gli allestimenti scenici vistosi e "baroccheggianti". La scena è pertanto essenziale, con arredi di scuola che abbiamo noleggiato e poco altro. Pareti nere, sulle quali spiccano le foto delle vecchie allieve del collegio Welton, quelle su cui Keating indurrà le ragazze a ragionare sullo scorrere del tempo e sulla caducità della vita. Una foto incorniciata di Withman, nume tutelare di Keating, e una lavagna a muro, una piccola libreria, nulla di più. Il resto è un gioco di luci, di musiche scelte ad hoc. 
Si dice spesso che uno spettacolo ha successo, che il pubblico apprezza, che è corso al botteghino a frotte, ecc. Ebbene, questa volta posso dirlo con orgoglio, perché è accaduto qualcosa che ha stupito anche me che questa storia ho imbastita e portata in scena e tutti coloro che ne fanno parte. Non si ha mai la certezza del successo di uno spettacolo prima di passarlo al vaglio del pubblico. Possiamo essere certissimi che sarà un successo e poi accorgerci che ha mille falle, come è accaduto durante la pessima esperienza di Sogno di una notte di mezza estate dell'aprile di quest'anno - andata in scena tre volte in tutto, buona solo nella terza recita e poi chiusa - penalizzata da alcune persone sbagliate e fuori contesto. Avevo voglia di un riscatto dopo quel flop e ho scelto una storia difficile affidandola questa volta a un gruppo di interpreti di cui mi fidavo a prescindere, ed è stato... travolgente. 
Difficile rendere in questo post la sensazione dell'onda che ha travolto il pubblico con Foglie d'erba. Pubblico di ogni età ha riempito i due teatri in cui siamo stati e questi ci ha posti dinanzi a una certa responsabilità, quella di mantenere la tensione scenica delle prime sere e di conquistare nuovi occhi. Così è stato. 
La magia di Foglie d'erba sta tutta nell'amalgama delle parti. Non solo ogni interprete è un tutt'uno con il personaggio, ma tutti compongono un quadro armonico che rende l'insieme godibile, credibile, emozionante. Le ragazze sono giovanissime, hanno fra i 14 e i 17 anni e vibrano di un'interpretazione in cui molto conta quell'età così acerba, semplice, carica di tensione emotiva. Questa la carta vincente di tutto lo spettacolo, cui fanno da contraltare i ruoli degli adulti, insieme e allo stesso tempo fuori da quel cerchio vitale che le ragazze sanno suscitare. Su tutto, il crescendo dalla morte di Jane Perry fino alla cacciata di Keating dalla scuola è stato accolto con diversi applausi a scena aperta e la commozione del pubblico, che a fine spettacolo ha manifestato la sua accorata partecipazione venendo a stringere la mano a tutti noi. 
Le foto sono di Mario Fermante.



 

Flickr Photostream

Twitter Updates

facebook twitter google+

Meet The Author