"... ma fa ridere?"



Pensieri del maggio 2017 - Siamo stati invitati a partecipare con Foglie d'erba al Premio Corvo d'Oro, in cui siamo in competizione con altre Compagnie per riconoscimenti sul migliore interprete, scenografia, costumi, spettacolo. Il difficile sarà "giocare fuori casa" in merito al reclutamento di pubblico, a maggior ragione quando il biglietto in platea ha un costo di 15,00 Euro - la galleria invece ne costa 10,00 per fortuna. 
Il costo del biglietto è un tema fondamentale per il teatro. Meriterà un discorso a parte.
Il problema sta questa volta tutto nel cercare di far comprendere ai tantissimi che non ci conoscono il merito di questo spettacolo, di attirarli a vederlo, garantendo una buona esperienza da spettatori. 
Ho messo in atto in questi giorni le varie strategie pertinenti il marketing di uno spettacolo teatrale: grandi locandine sul territorio, volantini, creazione di una Pagina Fb apposita con tanto di post "sponsorizzato". Insomma, dirlo ai quattro venti e vedere cosa succede. Finora prenotazioni non molte. A fronte di una capienza di 300 persone, forse non arriveremo neppure a un centinaio, ma tant'è. Quello che fa riflettere è che lo spettacolo che ci ha preceduto, uno show comico con tanto di travestimento di due attori in abiti da donna, ha fatto la bellezza di quasi 200 spettatori e si trattava anche lì di una Compagnia "fuori casa". 
Nel pomeriggio in cui ho portato il materiale cartaceo sul posto, mi è capitato di imbattermi in una coppia di signori piuttosto distinti che curiosavano sulla locandina generica del Premio, scorrendo i titoli degli spettacoli. Mi avvicino e garbatamente li invito a vedere Foglie d'erba, indicando la locandina, quella su cui campeggiano le mie ragazze in una foto nata quasi per caso ma tanto bella, annunciando loro che saremo in scena venerdì 5 maggio. 
Dei due, la donna rigira fra le dita il volantino, guardandolo distrattamente, l'uomo invece mi chiede gentilmente "Ma fa ridere?". Ecco, è uno di quei momenti in cui, malgrado non sia la prima volta che questa domanda mi viene rivolta, ho la sensazione che le mie braccia cadano, che mi lascino come la Venere di Milo, con lo sguardo perso nel vuoto e nessuna voglia di raccattarle. 
Abbozzo un sorriso, rispondo che non è uno spettacolo comico, no, ma che è una drammaturgia tratta da L'attimo fuggente e chiedo se ricordano il film. Lui risponde solo che è un film vecchissimo, io non ribatto nulla, li saluto e vado via. 
Ora, al di là di questo particolare frangente, irrilevante dinanzi ai tantissimi che hanno visto questo e tanti altri miei spettacoli che di comico non hanno nulla, una volta di più sono costretta a osservare che il pubblico non è educato al teatro
Moltissimi potenziali spettatori restano tali perché si fidano o si affidano solo a spettacoli comici e al cabaret e non vedranno mai né teatro classico né quello che mi piace definire un tipo di "teatro poetico", che pratico io. Se questo fosse il frutto di una scelta consapevole, ne avrebbe legittimità, diverso se il potenziale spettatore medio si rifiuta a priori di acquistare un biglietto per un lavoro non comico. 
Manca una certa alfabetizzazione al teatro, manca una vera e propria istruzione, ergo il teatro poetico resta di nicchia, non farà mai i grandi numeri delle commedie brillanti di Neil Simon, di Clive Exton o Michael Frayn, che ho portato in scena nei primi dieci anni della mia attività artistica. 
Ai tempi in cui mi travestivo da suora, o fra colpi di scena, equivoci e uscite sboccacciate simulavo una vecchia bisbetica, una vedova petulante o una single caotica, il pubblico si creava da sé, bastava che guardassero il tipo di locandina o ricordassero quel particolare titolo, o semplicemente bastava rispondere "sì, fa ridere" e accorrevano numerosi.
Sta di fatto che poi quel tipo di teatro ti accorgi non lascia nulla, né in chi lo fa né in chi vi assiste. Non tutti i teatranti arrivano a questa consapevolezza. Chi ci arriva guarda in altra direzione, e per me che scrivo ha significato seguire le tracce di Virginia Woolf, Frida Kahlo, Shakespeare. 
Non disdegno un ritorno alla commedia brillante, ma certamente non avrà mai il posto privilegiato che occupa il tipo di prosa attuale. Nel frattempo, continueremo a rispondere che non fa ridere e avremo il privilegio di accogliere in teatro coloro che sanno far tesoro di un racconto intenso, di una prova vera d'attore. 


 

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