Un titolo generico per questo post, un breve viaggio all'interno di una delle più grandi storie mai narrate, il celebre romanzo di Victor Hugo e la sua rappresentazione in chiave moderna. Finalmente ho visto il musical, l'opera popolare dei record musicata da Riccardo Cocciante. Serata di quasi estate al Foro Italico, all'aperto quindi, luna sullo sfondo, sold out di pubblico - migliaia di presenze e centinaia di persone che lo vedono più di una volta. Un successo senza precedenti, tradotto in più lingue ed esportato in tutto il mondo.
Non amo particolarmente il genere "musical", per quanto da piccola abbia molto amato film come Mary Poppins, Sette spose per sette fratelli e My fair lady fino a conoscerne i temi principali a memoria. Questa forse la ragione che non mi ha spinto verso la visione di questo spettacolo fin dai suoi esordi a Roma, quando fu appositamente costruito il Gran Teatro per poter ospitare questo grandioso allestimento. Oggi penso che sia una di quelle produzioni imperdibili per chi ama il teatro in questa particolare forma, ma anche per chiunque sia predisposto a cogliere la bellezza di questo spettacolo. Produzione eccellente, interpreti impeccabili, regia dinamica, risorse tecniche raffinate e di grande effetto.
Su tutto, le musiche di Cocciante e la traduzione dal francese di Pasquale Panella rendono la bellezza dello spettacolo, ma il mio "occhio tecnico" mi suggerisce che la scelta di un cast appropriato faccia il resto.
A leggere la storia di questo musical si resta stupiti dai numeri. Noi, che siamo abituati ad assistere agli enormi successi dei teatri di Broadway e in generale alla macchina perfetta che è il teatro in musica statunitense, possiamo legittimamente pensare che sia il prodotto europeo perfettamente all'altezza delle produzioni americane. Sì, perché Notre Dame de Paris nella sua versione italiana ancora continua, con diversi editing negli anni, nuovi cast, innovazioni nella resa scenica, tutto ciò che porta ad annunciarne repliche per tutto questo anno e il 2017 (di cui fervono già le prenotazioni). Ma cos'ha di speciale questa storia senza tempo?
Posseggo il romanzo di Hugo, che ancora non ho letto e al quale presto mi dedicherò. Hugo lo scrive a 28 anni e la sua pubblicazione è dell'anno successivo, 1831. Ne saprò di più quando lo avrò letto, qui mi limito a dire che l'ambientazione medievale è di forte impatto e che rendere in forma di spettacolo moderno una storia così complessa è operazione quanto mai ardua, che richiede una certa "sensibilità scenica". Accade sempre quando non solo si ha a che fare con una storia conosciuta al pubblico, che vuole ritrovarne i caratteri principali, ma si deve portare il pubblico ad apprezzarne il nuovo tipo di narrazione. Occorrono non solo risorse per questo, ma anche certa "struttura" di studi e conoscenze del mezzo scenico.
Giò Di Tonno nel ruolo di Quasimodo |
La bruttezza di Quasimodo è in netta opposizione con la sua grandiosa bellezza d'animo, perché solo lui è in grado di nutrire quel vero Amore che Esmeralda vorrebbe dall'uomo sbagliato - il cavaliere Febo - mentre l'amore passionale e malato di Claude Frollo incarna la censura clericale alle passioni e la conseguente distruzione della vita che appare come unica soluzione.
Quasimodo è il mostro che appare in tanta letteratura, il reietto, l'odiato, il temuto, eppure il solo capace di sentimenti nobili. La storia tragica del deforme che non può avere lieto fine, ma che piuttosto deve subire i colpi del destino, senza possibilità alcuna di riscatto. Quasimodo ha già subito il rifiuto e l'abbandono, e affronta qui la tortura, il dolore per l'amore impossibile, il sacrificio. Il mostro ispira nella donna amata compassione e affetto, gratitudine per quell'asilo che le permette di sopravvivere ancora per un poco alle angherie dell'uomo. Esmeralda non può amare Quasimodo, e muore colpevole di quella bellezza che sconvolge i sensi, oltre che di quella libertà che è nemica di ogni censura. Esmeralda è il simbolo di una ribellione a ogni sistema, una regina dentro quella Corte dei Folli che impunemente festeggia il proprio "carnevale" dinanzi alla cattedrale, facendosi beffe della censura. Viene gettata in catene in una gabbia che si costruisce da sé, provocando la reazione di chi la vuole ossessivamente. E' il simbolo della misoginia più sfrenata, che la fa soccombere senza possibilità di salvezza. La Morte giunge inesorabile sui pilastri di tutta la vicenda e annienta quel mondo fatto di contrasti.
Una storia che lascia un senso di amarezza, che coinvolge e commuove. Si esce da questo spettacolo come storditi e affascinati, perfino desiderosi di rivedere questa macchina scenica così impeccabile.
Notre Dame de Paris ha calcato i più importanti palcoscenici di tutto il mondo, e in Italia presto tornerà nella grandiosa cornice dell'Arena di Verona, dove esordì nel lontano 2002.