Niente di più futile, di più falso, di più vano, niente di più necessario del teatro.
Così scriveva Louis Jouvet, stigmatizzando la contraddizione insita nel teatro.
C'è dell'ottimo teatro fra professionisti e amatori, così come c'è del pessimo teatro in entrambi gli ambiti. Vi è mai capitato di assistere a uno spettacolo teatrale in cui vi sia venuta la sana voglia di alzarvi e andarvene?
A me è capitato di assistere a più di uno spettacolo teatrale noiosissimo: questo è un giudizio da spettatrice. Se ci aggiungo che li ho guardati anche con l'occhio un po' esperto di chi pratica il teatro sul palcoscenico e fuori, direi che erano oggettivamente brutti.
Quello che ho imparato vedendo del brutto teatro è che vedere del brutto teatro serve.
Parrebbe una contraddizione in termini, invece è un paradosso assolutamente utile.
Vedere del brutto teatro può offrire la cifra di ciò che non va fatto, perché il giudizio scaturisce assistendovi da una platea, e se si fa del teatro occorre tenere presente anzitutto il rispetto del pubblico. Non possiamo farci illusioni: il teatro non può permettersi di essere un atto di puro egocentrismo. Tutto ciò che si muove e viene raccontato in palcoscenico non può né deve essere il momento di un tronfio narcisismo.
Sia chiaro, c'è anche un teatro a uso e consumo locale che non ha bisogno d'altro che di ciò che già conosce, per divertire amici e parenti, ed è perfettamente bastevole a se stesso.
Voglio invece riferirmi a un teatro autentico, quello destinato a un'ampia platea, che vuole uscire da determinati confini, che si sente pronto ad andare incontro a spettatori d'ogni luogo.
Gli errori più comuni di chi mette in scena un brutto spettacolo:
1. Una brutta drammaturgia: lo si nota in particolare coi testi inediti. Il teatro amatoriale pullula di autori, io ne sono parte. Moltissimi registi amano scriversi i copioni da soli, questa può essere cosa buona e giusta ma anche un errore grossolano. L'ultimo brutto spettacolo che ho visto era una drammaturgia inedita in cui sovrabbondavano citazioni intellettualoidi e battute vagamente riferite al repertorio brillante anglosassone, col pessimo risultato di un cicaleccio fra attori e attrici, sovraccarichi di battute e gag, in cui emergeva tutto l'autocompiacimento di chi ha scritto quel pessimo testo. Non si riusciva a individuare il tema, non ho capito dove volesse arrivare. Lo spettatore era disorientato, molti non sono arrivati a fine spettacolo.
2. Troppo di tutto: una brutta drammaturgia di solito presenta questo errore grossolano. Troppi personaggi, troppe parole, troppe situazioni, molte delle quali totalmente inutili. Il che mi fa pensare che alcuni si mettano a scrivere senza conoscere nessuna regola fondamentale della drammaturgia. La scrittura drammaturgica non ammette errori del genere. La vera scrittura drammaturgica lavora tutta per estrazione, sottrazione.
3. Attori e attrici "fuori ruolo", non "in parte": assegnazioni fatte per accontentare amici, magari... Pessima idea! A ogni attore il proprio ruolo, questo è un principio fondamentale. Una parte va assegnata considerando tutto, oltre alla capacità interpretativa è necessaria una credibilità fisica, e assieme a questa anche la scelta di ogni costume deve essere coerente. Mi è capitato di trovarmi dinanzi a interpreti in maglione e altri in prendisole, nella stessa scena e senza alcuna motivazione. È spiazzante e non solo, infastidisce proprio. Lo spettatore dinanzi a un dettaglio del genere sposta la mente continuamente su ciò che lo infastidisce, è un classico.
4. Uso scorretto degli arredi di scena: la cosa va dal non decidere da dove si entri e si esca per intendere la soglia di casa, all'infilarsi dietro una quinta in uscita senza che questa sia effettivamente la stanza che prima si intendeva. Fino a recitare tutto lo spettacolo dietro un divano posizionato a centro scena. Senza motivazione alcuna.
5. Assenza di una vera regia: se la storia è già pessima, figuriamoci cosa diventa quando è mal diretta. Anche qui, devo ripetermi. Alcuni non solo non scrivono correttamente ma non dirigono neppure. Non conoscono le norme fondamentali del dirigere un lavoro perché di fatto non hanno inventiva. Il regista firma anche metaforicamente il lavoro, è la sua visione personale.
Fare regia richiede conoscenza, studio, esperienza. La regia nasce da un lampo, qualcosa che arriva e che richiede di essere raccontata. Personalmente ho delle vere e proprie visioni, il che mi ricorda un bellissimo racconto di Fellini a riguardo, quando disse che da bambino gli bastava mettere la testa su ogni angolo del suo letto perché quella visione si diversificasse.
L'assenza di una vera regia guasta totalmente uno spettacolo, anche dinanzi a una buona drammaturgia. Mai affidare un racconto in palcoscenico a chi si millanta regista senza esserlo.
Probabilmente anche altri aspetti rendono brutto uno spettacolo, ma questi cinque mi paiono quelli più evidenti. In definitiva, i brutti spettacoli cui ho assistito erano tutti il prodotto di un certo autocompiacimento che non giova al teatro, come lo spettatore sa assai bene.
È necessario disporsi perennemente nella posizione di chi apprende. Sapere di avere ancora tanto da imparare aiuta, e l'umiltà è una fonte cui bisogna attingere sempre, dubitando e ancora dubitando.