Per far ridere bisogna mettere in scena le cose tristi: l'assurdo e la commedia

Una scena dal Premio di Regia 2011

Uno dei grandi autori del Novecento è il rumeno Eugène Ionesco. Tempo fa conoscevo Ionesco solo in modo marginale, per averlo letto su diverse antologie scolastiche che propongono suoi testi nell'unità che tratta di teatro e recitazione. Noto come commediografo del "teatro dell'assurdo", Ionesco è un autore geniale. 
Nel 2011 ebbi la fortuna di partecipare e vincere il Premio di Regia 2011 organizzato dalla Federazione teatrale italiana della sede di Roma con una scena di 15 minuti tratta da La cantatrice calva: fu per me esperienza straordinaria per aver vinto il primo premio, ma anche perché per la prima volta ebbi l'opportunità di mettere in scena un testo dell'assurdo nel quale ho cercato una nota tragica, che è stata poi l'idea vincente. 
Il nome di Ionesco è legato al Théatre Huchette della Rive Gauche a Parigi. Su un articolo tempo fa lessi uno scenario del 1956: il quartiere latino era ancora un quartiere di studenti, esistenzialisti e sbandati vari che chiedevano "cinquante balles" per andarsele a bere. Nella Cave Huchette suonava Bud Powell. Ebbene, il Théatre Huchette avrà una cinquantina di posti, forse meno, e da allora ha un unico programma: La Cantatrice chauve e La leçon, i suoi capolavori, spettacoli che chi li ha visti reputa indimenticabili. Oggi il quartiere latino è diventato un quartiere turistico, gli studenti non sono più alla Sorbona, l'esistenzialismo è morto e andare a cercare quel Ionesco di altre opere come ad esempio Il rinoceronte, ce lo fa percepire come “dimezzato”. C’è chi dice “tutto passa, anche il talento”.
Da quello che ho capito del teatro dell’assurdo, c’è in esso una nota tragico-malinconica riconoscibilissima. Il teatro dell'assurdo in fondo non è che la tragedia dell'incomunicabilità. Non v'è nulla di comico in Ionesco, a voler dare un'interpretazione che esula dai soliti canoni.  Usare il comico per mettere in scena una tragedia è roba di gran classe e l'assurdo è strumento perfetto per questo.  Ionesco è unico per diversi aspetti, forse realmente non etichettabile.
...per far ridere bisogna mettere in scena le cose tristi.
Eugène Ionesco (1909 - 1994)
Mi è capitato con tre delle cinque commedie che ho messo in scena da quando ho cominciato a calcare il palcoscenico. La prima e la terza raccontano del dramma personale dell'escluso, dell'abbandonato. La prima mia caratterizzazione molto forte fu quella di una donna abbandonata sull'altare dal suo fidanzato. Mi inventai in fase di scrittura una sorta di tic che scatta alla parola "matrimonio", un mancamento, che in scena poi resi mimicamente in crescendo - alla terza "caduta" di Bettina, i due personaggi maschili assecondano la sua mancanza di respiro sollevandola per aria da entrambe le braccia, ovvero il dramma di Bettina la trasforma in un fantoccio senza vita... cosa che faceva ridere moltissimo.
In una delle altre commedie, una vedova, madre di figli ingrati, amareggiata e infuriata col mondo, fuma fino allo sfinimento un sigaro, possiede un cane che è il suo alter ego, aggredisce tutti, ma in realtà è un'anima in pena, con un fondo di mera bontà. Nell'ultima commedia che ho rappresentato, il dramma è tutto nel marito scacciato dalla moglie esasperata, infinitamente triste, aggrappato al passato ormai finito, incapace di adeguarsi alla realtà nuova, che esaspera ogni movenza e gesto con assurde pretese di pulizia e ordine, quello che non possiede interiormente - sulla falsariga de La strana coppia. 
Pirandello dopotutto ce lo ha spiegato bene. C’è differenza fra comicità e umorismo, e ce lo spiega con un esempio famoso: “Vedo una vecchia signora… tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere”. 
In questo caso, la prima reazione è di comicità, basata sull'avvertimento del contrario, cioè sul contrasto tra gli atteggiamenti giovanili della vecchia signora e la sua età senile. La seconda reazione è, invece, ironica e riguarda l’amara considerazione dei disagi della vecchiaia, è il sentimento del contrario, della contraddizione tra la realtà degli anni che passano e l’aspirazione a restare giovani. 
Dal web: Solo l’ironia ha il potere di cogliere la profonda connessione tra comico e tragico, tipica della condizione umana. “Tutto ciò che è umano è patetico. - scrive Mark Twain - La segreta fonte dell’umorismo non è gioia ma dolore”. 
E il teatro in questo modo diventa mimesis biou, “imitazione della vita”, come bene diceva Menandro molti secoli fa.

 

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